CULTURA &TEMPO LIBERO

 
 
 
 
HOME DEL DOSSIER

News

Film

Regista

Tutti i numeri

Attrice non protagonista

Attore non protagonista

Attore

Attrice

Hurt Locker: e l'Oscar fa una scelta di campo

di Boris Sollazzo

commenti - |  Condividi su: Facebook Twitter|vota su OKNOtizie|Stampa l'articoloInvia l'articolo|DiminuisciIngrandisci
8 marzo 2010

Vincono Hurt Locker e Precious. Questo l'inequivocabile verdetto dell'82° Oscar, l'ultimo della prima decade del terzo millennio. Ed è rivoluzione: cinematografica, economica, politica. Una rivoluzione lenta e pacifica che l'Oscar porta avanti da qualche anno, con i suoi vincitori "underdog" che sconfiggono kolossal e favoriti. In una serata in cui le sorprese sono state pochissime- il miglior film straniero, come sempre (il "ghetto" per i non americani ha un sistema di voto e grandi elettori diversi da tutte le altre categorie, ecco il motivo della sconfitta di Haneke e Audiard)- la notizia è l'en plein (o quasi, 6 statuette su 9 nomination) di Hurt Locker. L'Academy non ha cercato la salomonica divisione tra i due ex coniugi, ma ha regalato il miglior film all'amazzone Kathryn Bigelow.

Una chiara scelta di campo: alla possente macchina produttiva (380 milioni di dollari) di Avatar è stato preferito Hurt Locker, 15 milioni di budget e 18 di incasso, un sostanziale insuccesso anche a causa della distribuzione tormentata almeno quant'è stata avventurosa la produzione del film (così artigianale che il produttore non ha potuto partecipare alla serata di premiazione, per aver mandato ai giurati una lettera pro domo sua e contro Avatar). E Precious, 10 milioni di dollari portati a casa quasi tutti dallo stesso regista Lee Daniels, ha una storia molto simile. Due film che non si dovevano fare, due film che forse molti non volevano vedere. E l'Oscar li ha premiati, "contro" le major e contro il buonismo di Hollywood. Precious è un drammone-pamphlet che inchioda gli americani al degrado civile, sociale, urbanistico e morale delle sue città, del loro paese, Hurt Locker ci mette nei panni scomodissimi dei soldati che combattono le guerre moderne, quelle ingiuste e sbagliate (più di tutte quelle che una giustificazione storica, a fatica, l'hanno trovata). La Bigelow, non a caso, non si è fatta problemi a ringraziare coloro che indossano una divisa e "ci proteggono", sono lontanissimi i tempi del Michael Moore "antiamericano" applauditissimo. Al pacifista eco-kolossal ambientalista di James Cameron (pietrificato dal doppio Oscar della ex moglie, anche se ha esultato per lei con grande stile), è stato preferito il bellico e paranoico film della prima regista donna a vincere l'Oscar come miglior film e miglior regista (altra rivoluzione "femminista" molto indicativa). L'Oscar sceglie il cinema diverso e possibile, politicamente scorretto e indigesto ai boss del marketing che tengono in pugno le major, indica una direzione impervia e sacrifica ad essa anche il capolavoro 3D che forse cambierà (e ha cambiato) il futuro del cinema, il modo di farlo, pensarlo, immaginarlo e soprattutto vederlo.

Alla cerimonia che molti accusano di essere troppo imbalsamata- e nella forma lo è stata, noiosissima e povera quest'ultima edizione- va riconosciuto un grandissimo coraggio. Gli Oscar, spesso, servono a sanare delle ingiustizie passate (e così è stato, per esempio, per Jeff Bridges, che non aveva vinto per interpretazioni più belle, così fu per Scorsese e The Departed, che risarcirono il cineasta per le sconfitte di Taxi Driver, e non solo), questa volta, invece, hanno voluto dare un segnale preciso e inequivocabile. Che lascerà un segno, non solo nel deluso James Cameron, ma anche nella visione politica e industriale della Settima Arte. Da qui, l'impressione, è che non si tornerà indietro: l'Oscar va dove i festival si trovano già, alla ricerca di quel cinema più o meno sommerso, che divide invece di unire, che fa discutere e non cerca nè vuole l'unanimità. Tanto da far piangere persino Kathryn Bigelow: lei, dura e pura, incredula, con due Oscar in mano, con una cinematografia complessa e persino controversa, lei la Milus al femminile, faticava a trattenere le lacrime. Perchè sa, sapeva d'averla fatta grossa.

8 marzo 2010
© RIPRODUZIONE RISERVATA
RISULTATI
0
0 VOTI
Stampa l'articoloInvia l'articolo | DiminuisciIngrandisci Condividi su: Facebook FacebookTwitter Twitter|Vota su OkNotizie OKNOtizie|Altri YahooLinkedInWikio

L'informazione del Sole 24 Ore sul tuo cellulare
Abbonati a
Inserisci qui il tuo numero
   
L'informazione del Sole 24 Ore nella tua e-mail
Inscriviti alla NEWSLETTER
Effettua il login o avvia la registrazione.
 
 
 
 
 
 
Cerca quotazione - Tempo Reale  
- Listino personale
- Portfolio
- Euribor
 
 
 
Oggi + Inviati + Visti + Votati
 

-Annunci-